
08 Ott Come scegliere il metodo colore per il tuo progetto grafico: l’RGB
Ti sei mai chiesto cos’è il metodo colore RGB e a cosa serve? Prosegui nella lettura e finalmente lo scoprirai!
Prima di iniziare un progetto grafico per la stampa oppure se vogliamo semplicemente modificare una foto, occorre definire alcuni parametri fondamentali: uno tra questi riguarda sicuramente la scelta del metodo di colore.
Il metodo di colore si riferisce a quel procedimento attraverso cui i colori vengono generati. Si tratta di un modello matematico astratto che consente di riprodurre i colori in forma numerica, adoperando tipicamente tre o quattro elementi cromatici. In sostanza, si tratta di metodo che ci consente di ottenere e definire in chiave universale i colori utilizzati.
Scegliere il metodo giusto per la tua stampa
I principali metodi colore sono:
-RGB;
-CMYK.
La scelta tra questi varia a seconda della destinazione di pubblicazione del nostro progetto. Se questo infatti è rivolto al web oppure verrà visualizzato su schermo, il metodo da utilizzare è RGB poiché offre un’ampia gamma di tonalità tra le quali potersi sbizzarrire. Tutti gli schermi utilizzano questi tre pixel di colore regolando la loro luminosità per ottenere il colore scelto.
Solitamente si lavora in RGB per avere a disposizione l’intera gamma cromatica e tutti i filtri. Soltanto alla fine, a lavoro completato, si trasforma in CMYK possibilmente utilizzando i profili colore della stampante che si utilizzerà. È sempre consigliabile, però, tenere da parte il file originale in RGB in caso di modiche future oppure per altri utilizzi.
Pertanto se il file è funzionale alla stampa, è consigliabile convertirlo in CMYK per scongiurare spiacevoli sorprese (ad esempio evitare che i colori risultino più spenti). (Leggi anche: Cosa significa quadricromia e come viene utilizzata questa tecnica nella stampa)
Cosa si intende per RGB?
RGB è una sigla che sta per:
Red → Rosso
Green → Verde
Blue → Blu
ed è un modo comodo e pratico per descrivere i colori primari della sintesi additiva.
È un metodo colore a tre canali, definito anche tricromia, proprio perché si riferisce a questi tre colori.
Si tratta di un metodo colore di importanza fondamentale poiché permette di assicurare la giusta resa cromatica dei colori. Cos’è l’Indice di Resa Cromatica dei colori? Più comunemente definito in inglese Color Index Rendering (CRI), descrive la capacità di una sorgente luminosa di restituire esattamente i colori di un oggetto da essa illuminato. Questo valore è misurabile e viene pertanto definito mediante questo indicatore.
È un modello di tipo additivo, ovvero tutti i colori derivano dalla somma della luminosità dei colori rosso, verde e blu.
Cosa significa “modello additivo”?
Un’immagine può essere scomposta, attraverso particolari tecniche, in questi tre colori base che mescolati tra di loro in proporzioni diverse offrono quasi tutti i colori della gamma spettrale.
Unendo i tre colori RGB (i 3 fasci di luce) alla loro massima intensità si ottiene colore naturale della luce ovvero il bianco; viceversa dalla combinazione delle coppie di colori primari si ottengono i colori secondari, il Giallo, Magenta e Ciano. La loro completa assenza determina invece il nero. Vediamo nel dettaglio:
Rosso + Verde + Blu= Bianco;
Giallo = Verde + Rosso;
Magenta = Rosso + Blu;
Ciano = Blu + Verde.
Il modello RGB può essere riprodotto come un cubo allineato sugli assi cartesiani di uno spazio tridimensionale che racchiude al suo interno tutte le possibili sfumature cromatiche. Attraverso questa rappresentazione ciascuna tonalità gode di una posizione ben precisa sui tre assi, identificabile mediante le tre coordinate spaziali (le coordinate del punto sull’asse delle X, delle Y e delle Z).
Se disponiamo sui tre assi intensità crescenti del rosso, del verde e del blu otterremo il cubo immaginario prima citato.
Questi tre colori sono rappresentati da valori che vanno da 0 a 255 e indicano l’intensità del colore da applicare:
0 → colore assente
255 → colore alla massima intensità.
Per esempio se abbiamo RGB (130, 33, 40) avremo che:
- Rosso intensità 130;
- Verde intensità 33;
- Blu intensità 40.
Se vogliamo riprodurre il nero, occorre modificare il colore a R=0, G=0, B=0; per il bianco avremo invece R=255, G=255, B=255.
Una domanda sorgerà spontanea. Perché proprio 255?
Tutte le immagini che vediamo sul monitor sono composte da tantissimi pixel i quali hanno un preciso valore RGB (il colore del pixel può essere indicato infatti come la miscela di rosso, verde e blu). I monitor non fanno altro che riproporre attraverso i pixel l’immagine dello spettro luminoso completo.
Ogni pixel dello schermo del nostro computer è gestito da più bit: in questo caso è gestito da otto bit. Il bit è l’unità più piccola che i dispositivi elettronici utilizzano per salvare i dati; un bit può assumere due valori, 0 e 1 (parametri binari) e avere quindi due stati, ‘acceso’ o ‘spento’.
Le classiche immagini che vediamo ovunque sono generalmente immagini a 8 bit.
Se facciamo un calcolo, questi 8 bit possono essere ricombinati tra di loro in 256 modi (ciascun pixel avrà quindi la possibilità di avere 256 opzioni in totale).
Poiché i canali sono tre, avremo un totale di 24 bit e di 16,177, 216 colori. In sostanza, questa è la combinazione standard che viene utilizzata dai nostri monitor.
Nel mondo digitale si è soliti convertire, per questioni di comodità, il valore decimale dell’RGB in formato esadecimale preceduto da un hashtag (#).
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